Il film su Roberto Baggio toglie un po’ di polvere dagli archivi: retrospettiva su “Messi-Storia di un campione” del 2014
Del buon vino, del buon cibo. Asado, forse, o delizie a cui la Catalogna ci abitua. Tre tavoli, diversi protagonisti, un solo argomento di conversazione: Leo Messi, la sua infanzia, la sua vita. Le sue tante, troppe magie col pallone tra i piedi. Tra i commensali c’è un po’ di tutto: amici d’infanzia, giornalisti esperti di Barça, chi lo accompagnò nella sua crescita sportiva, alcuni grandi personaggi come Alejandro Sabella o Jorge Valdano. Infine, la leggenda catalana, Johan Cruijff in un’ultimo cameo di assoluto valore.
Un cerchio. Sferico sì, ma anche quello della vita: con la nonna che accompagna il piccolo Lionel a divertirsi, nulla più. Fu amore a prima vista col pallone e da parte di chi rimase subito ammaliato da quel piccoletto che ci mise tempo zero a conquistare la maglia del Newell’s Old Boys. Poi, la storia che tutti (o in tanti) sanno: il deficit nella crescita, le iniezioni che ben presto il piccolo Lionel si farà da solo, stanco di aspettare mamma e stanco di aspettare in un bagno in cui rimane incastrato con la maniglia in mano. Vetro rotto, l’arrampicata per uscirne fuori, la corsa a perdifiato verso il campo e di nuovo, goal a profusione. Il punto di forza del film è nel footage, le registrazioni delle sue partite decise a suon di dribbling. Rosario come un piccolo mondo, in cui il calcio è cupola a racchiudere la vita di ragazzi divisi tra prodezze con gli scarpini e scaramucce coi bulletti di quartiere.
Messi, il primo campione dell’era della playstation, e proprio tra una piroetta in mezzo ai campi e una partitella ai videogiochi conosce Antonella, l’amore della sua vita. In un eccesso di agiografia -ciò che rende il film a una certa insopportabile- scorre il film della gioventù della Pulce. Moralismo d’accatto quando si investiga sull’aver sposato la sua prima fidanzatina (ma davvero questo patetismo?)
Cena che assume contorni (ok, non solo quelli sul piatto) con la presenza di Iniesta, Mascherano, Piquè e altri compagni degli anni d’oro. Il Barça che si accolla i costi della crescita fisica dell’astro nascente. Il resto è storia, o quasi. La famiglia della Pulce che, tra una lezione di catalano ai più piccoli e i tanti, enormi dubbi sul cosa fare in futuro. Restare a Barcellona e tentare l’azzardo o tornare in Argentina? Il padre, con la sua videocamera, resterà sempre accanto a Lionel, anche nei periodi peggiori: la gamba rotta, durante una partita alla Masìa, sarà un momento mai troppo considerato tra gli spartiacque di una carriera semplicemente condensata nelle cinque lettere del cognome che farà la storia del calcio.
I tavoli che, in parallelo nello spazio e nella narrazione, descrivono il Messi ragazzo e quello sportivo. Qualche eccesso nell’esaltazione del campione, molta sincerità da chi ha lavorato con lui: su tutti lo stesso Cruijff, che contestualizza la felice scelta di Frank Rijkaard nel farlo esordire anzitempo in quello che, dopo tutto, è mès que un club, più che una squadra. “Messi gioca ancora come se in palio ci fosse una bicicletta”.
Centrale, se si fa un po’ di introspettiva, è il suo rapporto con Ronaldinho: il primo ad accoglierlo, e colui dal quale ereditò la numero dieci. E’ qui che si consuma la prima consacrazione della Pulce (la seconda, la stiamo ancora attendendo, è nella conquista del Mondiale). Una monografia che comunque non prescinde quello che è stato il Barcellona degli anni d’oro di Guardiola: il senso del collettivo, le verticalizzazioni di Xavi e Iniesta, il gol di quest’ultimo a proiettare i catalani alla finalissima di Roma 2009. Poi, immancabile, evocato da lontano e lentamente incalzando, il paragone con Maradona e il suo gol del siglo, nonché il rapporto tra quel Barça e il Napoli operaio (come per stessa ammissione di compagni ed ex tali).
Per chiudere: la differenza tra questa e altri biopic (Baggio, Maradona) si concretizza nel Messi più tecnico che umano. Un punto di forza per chi vuole entrare nel nocciolo e nel dettaglio, un tallone d’Achille per chi si aspetta la fiction tutta cuore e romanzo. Proprio per questo il pubblico può dividersi o reincontrarsi: linee parallele di un quadro a cui un piccolo artista ha dato -e continua a dare- pennellate in tutte le tinte dell’iride.
Valerio Campagnoli (fonti Youtube, Calcionapoli)
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