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Massimo De Luca: “La radio sempre nel mio cuore, oggi racconto lo sport in teatro”

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Le squadre estere hanno uno stadio di proprietà, la burocrazia e l’immobilismo italiano danneggiano anche i bilanci delle nostre società calcistiche. Per costruire uno stadio di proprietà a Roma c’è bisogno di avere il benestare di 27 enti pubblici

Ai nostri microfoni è intervenuto il noto giornalista Massimo De Luca, ex conduttore della trasmissione radiofonica ‘Tutto il calcio minuto per minuto’ in Rai nel quale successivamente ha ricoperto anche il ruolo di direttore. E’ stato anche direttore dei servizi sportivi di Mediaset.

Una domanda prima di tutto: lei è diventato giornalista sportivo per passione specifica o avrebbe voluto fare altro?

Ha centrato un aspetto un po’ particolare della mia storia perché io volevo fare il giornalista, stop. Il caso volle che la prima opportunità fu, parliamo del gennaio 1970, alla Gazzetta Dello Sport e da lì in poi tutta la mia carriera si è sviluppata in ambito sportivo.

Ha iniziato dalla carta stampata per poi passare alla radio e poi ancora alla tv. Quali tra queste è maggiormente nel suo DNA?

La radio, perché alla radio sei solo nel senso che il messaggio dipende esclusivamente da te, non ci sono immagini come in tv, non ci sono fotografie come nei giornali, c’è soltanto la tua voce, la tua precisione e capacità di raccontare le cose e quindi hai una grossa responsabilità. Devo dire che è impegnativo, ma è anche molto bello.

Lei ha condotto trasmissioni storiche in Rai, sia in radio per 5 anni con “Tutto il calcio minuto per minuto” (nata in via sperimentale nel 1959 ndr), sia in tv per tre anni con “La Domenica Sportiva” (nata nel 1953 è la più antica trasmissione sportiva della televisione italiana ndr). Ne sentiva il peso? Cosa le hanno dato a livello umano e professionale?

Ho ereditato la conduzione di “Tutto il calcio minuto per minuto” direttamente da Roberto Bortoluzzi (1921-2007) che aveva condotto la trasmissione per 27 anni e cioè sin dal primo numero del 1960 ed è chiaro che ne sentivo tutta la responsabilità dato che all’epoca era seguitissima dagli appassionati di calcio, si entrava quindi nelle case di milioni di italiani. Avrei condotto ancora a lungo ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, ma poi arrivò l’opportunità di lavorare in tv e ci tengo a precisare che ‘La Domenica Sportiva’ è il settimanale, non solo sportivo, più antico della televisione italiana. Questo perché, quando sono cominciate ufficialmente le trasmissioni televisive in Italia, nel 1954, contemporaneamente nasceva ‘La Domenica Sportiva’ che era ovviamente molto differente da quella di oggi e si vedevano immagini solo di qualche partita, perché all’epoca dovevano arrivare fisicamente le pellicole dai campi alla sede della trasmissione. Quelle del 1953 erano ancora trasmissioni sperimentali.

Ci può raccontare qualcosa del dietro le quinte di queste inossidabili trasmissioni?

‘Tutto il calcio minuto per minuto’ all’epoca trasmetteva da Milano ed io vivevo a Roma, rimasi molto sorpreso perché pur essendo nel 1987 in studio non c’erano monitor, non si poteva seguire nessuna partita e, addirittura, non c’era nemmeno l’interfono di comunicazione tra lo studio e la regia. Quando visitai gli studi quindi chiesi l’installazione di due monitor che poi aumentarono nel tempo, per seguire le dirette delle partite, oltre all’installazione anche di un interfono dato che, in precedenza, per comunicare con la regia, Bortoluzzi usava i bigliettini. Per quanto concerne le esperienze televisive il ricordo più bello è senz’altro legato a Raimondo Vianello, l’esperienza con lui in “Pressing Champions League”, trasmissione nata in concomitanza con la Champions League che sostituiva la Coppa dei Campioni. Raimondo era veramente un personaggio unico, appassionatissimo di calcio, ironico, un mito per più generazioni. Tra noi nacque una bella amicizia.

Massimo De Luca

Lei è stato anche Direttore di Rai Sport e dei servizi sportivi di Mediaset, scrittore, insomma ha fatto di tutto. Quale esperienza considera il suo fiore all’occhiello?

Sicuramente resto molto legato alla radio perché, tra l’altro, ho avuto la grande scuola di Sergio Zavoli (1923-2020) che nel 1976 mi assunse al GR1 e, radiofonicamente parlando, mi formò con severità, con rigore, perché con lui non ci si poteva permettere di usare un linguaggio approssimativo, superficiale, insomma è stata un’esperienza estremamente costruttiva che mi ha aiutato nel prosieguo della mia carriera perché mi ha dato l’impostazione giusta che mi è rimasta appiccicata per tutta la vita.

Che opinione ha di questi tanti addii di calciatori a scadenza di contratto e quindi a zero? Sono le società a mancare o i giocatori che non hanno più cuore?

Purtroppo ho l’impressione che, tranne in rarissimi casi, il cuore sia un organo dimenticato nel calcio professionistico. Quando fu varata la legge Bosman (15 dicembre 1995 ndr) che praticamente rendeva i calciatori titolari del proprio cartellino e non proprietà di una società, tutto è cambiato. Naturalmente quella è stata una legge giusta, però anche una legge può contenere, paradossalmente, degli aspetti che possono farla virare in una direzione sbagliata e, in questo caso, ha infatti concorso alla creazione di un terzo potere che è quello nelle mani dei procuratori. Una cosa che francamente continuo a trovare inconcepibile è la vicenda delle commissioni ai procuratori. Un grande scrittore che ha un suo agente letterario il quale si occupa di trovare contratti ed altro, paga personalmente il suo agente e non lo paga di certo la casa editrice, stesso discorso per un attore e per tante altre figure professionali. Nel caso dei calciatori invece questo discorso non è valido ed infatti i procuratori calcistici vengono pagati anche dalle società con conseguente appesantimento dei loro bilanci. Inoltre, tale politica, spinge i procuratori a far spostare i propri assistiti.

In questo calciomercato di gennaio, il cosiddetto “mercato di riparazione”, il Chelsea sta acquistando diversi calciatori spendendo centinaia di milioni di euro. Perché il calcio inglese può spendere così tanto? Ma soprattutto perché li spende? Ad esempio il Napoli ha speso una cifra assolutamente normale per prelevare Kvaratskhelia, perché gli inglesi sono così poco oculati?

La Premier League è vista davvero dappertutto e gli inglesi possono contare su introiti televisivi e sponsorizzazioni molto maggiori rispetto al nostro campionato. Le squadre inglesi hanno lo stadio di proprietà. Inoltre ci sono proprietà arabe e non solo che hanno apparentemente fondi illimitati e quindi spendono e spandono. Meno comprensibili sono alcune squadre, come le spagnole Barcellona e Real Madrid che hanno situazioni economiche disastrose ma non si comprende realmente bene come riescano a muoversi sul mercato.

Siamo nel mezzo dell’ennesima crisi del nostro calcio che vede ancora uno scandalo, ancora problemi, ancora penalizzazioni. Lei cosa ne pensa? Perché capita così spesso al calcio italiano?

Si vuole competere con le grandi squadre europee che però, come detto, hanno introiti molto superiori. Si è inoltre tentato la via della quotazione in borsa sperando che questo fosse anche una sorta di finanziamento ma è stato un fallimento dal quale tutti stanno uscendo. Nessuna volontà di polemizzare sulla Juventus, ma ad esempio l’operazione Cristiano Ronaldo è stata un azzardo che non ha ripagato. La Champions non è stata comunque vinta e non c’era bisogno di Ronaldo per vincere lo scudetto in quel dato momento storico.

Cosa risponde a quei tifosi (ma anche alcuni colleghi) che vedono una persecuzione solo nei confronti della Juventus?

Naturalmente per capire bene cosa sia realmente accaduto c’è bisogno di aspettare ancora e leggere le motivazioni della sentenza sul processo plusvalenze. E’ chiaro che può apparire sconcertante che, se ci sono state delle operazioni illecite di plusvalenze, venga punita solo una parte. Bisogna però sempre ricordare che la giustizia sportiva è diversa dalla giustizia ordinaria e che la prima può punire anche la semplice intenzione, la famosa lealtà sportiva. Ricordo che il Verona del Presidente Garonzi venne retrocesso in serie B per una telefonata con la quale cercava un accordo per una partita (stagione 1973-74 ndr). Altro esempio è ‘Calciopoli’ del 2006 anche se non c’era stato un vero e proprio giro di soldi questo non ha rilevanza per la giustizia sportiva. Insomma se non c’è un accordo, ma solo l’intenzione, questa viene punita. A carico della Juventus ci sono anche altre pendenze, come le famose scritture private, la situazione relativa agli stipendi, pertanto tutte situazioni molto compromettenti. Il primo segnale importante è stato dato dal Presidente Agnelli con le dimissioni e insieme a lui tutto il CDA si è dimesso.

Massimo De Luca da sempre appassionatissimo di Baseball

Cosa farà Massimo De Luca da grande?

Una cosa che, negli ultimi anni, mi sta appassionando e contemporaneamente dando grandi soddisfazioni è il teatro. Lo sport non si riduce al pallone che finisce in rete o al cronometro che si ferma sotto i 10″ nei 100 metri, lo sport è un contenitore di storie, di emozioni, di vicende umane e politiche e quindi c’è tanto da raccontare e il teatro dà la possibilità di farlo con un ritmo diverso e coinvolgente. Lo scorso anno ho portato in teatro, da Roma a Milano fino a Salsomaggiore Terme (provincia di Parma), la vita di Nicolò Carosio (1907-1984). Un lavoro interamente scritto da me e anche complesso, con due attori, un musicista e dove in parte raccontavo ed in parte recitavo. Ora sto preparando un nuovo lavoro che racconterà alcune storie di sport, dove però lo sport ha molto a che fare con la politica. Trovarsi su un palcoscenico dà una scarica adrenalinica unica e la cosa mi piace molto. Sinceramente non nego che, per come mi sento, avrei ancora voglia di condurre dei programmi, ma bisogna anche farsi da parte e lasciare spazio ai colleghi più giovani.

Fonti foto: italiasera.it; ansa.itilbardelbaseball.com

Luigi A. Cerbara

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