Probabilmente non esisterebbe o, quantomeno, non avrebbe l’incredibile successo sportivo che riscuote in ogni angolo del globo. I fan rappresentano la linfa vitale, l’anima ed anche il fascino che lo circonda e la chiave di volta a livello di affari, senza di loro infatti il business non avrebbe un così alto giro di denaro
I tifosi, in giro per il mondo, sono sempre più coinvolti, anche in forme dirette nella gestione dei club calcistici. Ormai da alcuni decenni infatti sono nate associazioni regolamentate che partecipano anche con fondi propri, sia al supporto economico del club, sia alle decisioni con anche potenzialità di veto in determinati ambiti. Un’esperienza particolare che arriva dal mondo anglosassone e che pian piano si è propagata, anche se con forme diverse, in dipendenza dei vari paesi e delle loro regolamentazioni interne. In Gran Bretagna i tifosi possono riunirsi in regolari associazioni/cooperative e condurre affari a scopo di lucro, ma con l’intento di reinvestire gli utili a favore del loro club. Il club calcistico beneficiario ha, a sua volta, l’obbligo di operare in maniera assolutamente democratica dove i tifosi possono anche arrivare ad avere potere decisionale e dove una testa vale un voto. Seppur con formule diverse, anche in Germania e Spagna ci sono forme che includono i tifosi e che danno loro un certo potere. La Spagna ha una forma democratica di gestione, seppur limitata. Il Real Madrid ed il Barcellona, ad esempio, hanno delle limitazioni importanti che riducono considerevolmente la democrazia interna. All’assemblea dei soci non tutti possono partecipare, ma soltanto chi rappresenta almeno 2.000 soci (nel caso del Barcellona), ma c’è anche una limitazione dei posti in assemblea e bisogna avere una certa anzianità per accaparrarseli; l’accesso alla presidenza è possibile solo in base all’anzianità come membro effettivo (10 anni per il Barcellona e 20 per il Real) e bisogna avere anche un cospicuo conto in banca, almeno il 15% del budget disponibile per la stagione. Si evince facilmente quanto limitata sia la democrazia interna nelle società spagnole. Quindi nulla a che vedere con la formula inglese dove uno vale uno (così come in Germania ndr).

La partecipazione del tifo alla vita sociale del proprio club di appartenenza, non indispensabilmente deve o può avvenire attraverso un esborso economico e l’acquisizione di azioni, ma può essere anche molto attivo e partecipe con dialogo, proposte e partecipazione alle attività del club stesso. Lo si può fare assistendo agli eventi sportivi e questo deve prescindere dall’andamento della squadra; presentare al club proposte attente e attendibili, anche relative al territorio. La vicinanza dei tifosi e la loro partecipazione, diretta o indiretta, alla vita del club, può influire anche sul potere contrattuale della società stessa, ad esempio nei confronti degli sponsor. Un maggior e miglior dialogo tra società e tifoso, può spingere verso un miglioramento dei comportamenti che responsabilizzino e conducano ad un maggior rispetto tra tifo e società, ma anche tra tifoserie avversarie. Quindi, come detto, anche una partecipazione indiretta e non redditizia, può portare e apportare enormi benefici ad ambo le parti, società e tifoso. Inoltre, quando il dialogo è disteso e costruttivo, nulla toglie che ci possano essere ulteriori sviluppi come l’entrare in società per associazioni di tifosi, come negli esempi trattati.

Quanto sopra esposto dovrebbe portare, almeno minimamente, a riflettere sul cosa significhi o possa significare, essere un tifoso serio, coscienzioso, costruttivo. Purtroppo, come sappiamo bene, il tifo ha spesso, troppo spesso, risvolti negativi e deleteri per tutto l’ambiente calcistico e non solo. Il tifo è un vero e proprio sentimento e, come tale, porta o può portare a reazioni a volte esagerate, eclatanti. Si soffre se la propria squadra perde e si cambia comunque d’umore a seconda che si vinca o si perda, si diviene incapaci di gestire le proprie emozioni che, appunto, derivano totalmente dalla squadra del cuore. Una ricerca inglese, dell’Università di Lancaster, mostra che le violenze domestiche aumentano del 26% quando gioca la nazionale inglese e del 38% in caso di sconfitta. Il tifo è l’elemento fondante di uno sport e, per rispondere al dubbio esposto nel titolo, semplicemente il calcio non esisterebbe senza tifo. Però il tifo è anche un fenomeno sociale e lo si può educare al bene e non al male. Si può fare molto in questo senso, partendo prima di tutto da noi stessi, dal nostro modo di vedere il calcio, dal nostro modo di indirizzare i giovani ad un tifo sano e non violento.
Fonti foto: xxx.com; laprovinciadicomo.it; figc.it
Luigi A. Cerbara