E’ morto l’ex fuoriclasse inglese, icona dell’Inghilterra e del Manchester United. Nel 1994 era diventato anche Baronetto
Si è spento all’età di 86 anni Sir Bobby Charlton, uno dei giocatori più forti della storia del calcio inglese. Eroe e leggenda del Manchester United e della Nazionale dell’Inghilterra, che portò alla vittoria dell’unico finora Mondiale della storia del Paese di Sua Maestà. Icona, simbolo indissolubile di un calcio che non c’è più. Sir Bobby Charlton, il baronetto che nel 1966 – proprio nell’anno della Kermesse iridata a casa sua – conquistò il Pallone d’Oro. La grandezza di Charlton è stata riconosciuta da tutti: Bobby occupa infatti la 12ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer, la 10ª posizione nell’omonima lista stilata dall’IFFHS e nel 2004 il grande Pelé lo inserì nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori calciatori viventi, redatta in occasione del Centenario della FIFA. Insomma, il calcio piange una delle sue storie calcistiche più belle.
IL MITO BOBBY: DALLA MORTE SCAMPATA A RE DEL MONDO
Eh sì, la storia di Sir Bobby Charlton non è banale. Anzi rimane ad oggi una delle più emozionanti di questo sport. Figlio di un minatore e membro di una famiglia praticamente legata al calcio: dagli zii fino al fratello Jack, morto nel 2020, Bobby Charlton era destinato a diventare un grande del calcio. Neanche Matt Busby, un altro mito del calcio britannico e mondiale, poté rimanere inerte di fronte alla qualità di quell’inglese alto, potente e dai piedi fatati. Nel 1953, all’età di 15 anni, Busby lo prende facendolo firmare per il Manchester United. Il resto è storia. Il primo gol lo segna nel 1956 contro il Charlton finendo quella stagione con 10 gol in 14 gare disputate. Niente male, ma l’episodio che cambia la vita di Bobby e dell’intero United è il 1958 e precisamente il 6 febbraio, quando l’aereo dei Red Devils si schianta a Monaco. I Busby babes non ci sono più: muoiono 23 persone e 19 ne restano feriti. Tra questi anche Charlton. Da sopravvissuto per miracolo a eroe il passo è breve: a soli 21 anni Busby affida a Bobby il compito di diventare il nuovo pilastro dello United. Il futuro baronetto lo ripaga al massimo: arrivano in sequenza, la vittoria della Coppa d’Inghilterra del 1962-1963 e dei campionati del 1964-1965 e del 1966-1967, ma nel 1968, esattamente dieci anni dopo il disastro di Monaco, Bobby alza al cielo la gloriosa Coppa dei Campioni dopo aver battuto a Wembley il Benfica di Eusebio per 4-1 (doppietta di Charlton).

L’UNICO MONDIALE
A Sir Bobby è legato indissolubilmente l’unico e storico Mondiale vinto dall’Inghilterra, ossia quello in casa del 1966. Il futuro baronetto fu autentico trascinatore di quella Inghilterra, guidata in panchina da Alf Ramsey e in campo dal carisma del capitano Bobby Moore e dalla qualità eccelsa proprio di Charlton. Storica e leggendaria la finalissima di Wembley contro la Germania di un giovanissimo Franz Beckenbauer, finita 4-3 a favore dei Tre Leoni con il fatidico gol-fantasma di Hurst. Con l’Inghilterra, Sir Bobby ha collezionato complessivamente 106 presenze, condite da 49 marcature. Nel 1994, venne insignito dall’allora Regina Elisabetta II del prestigioso riconoscimento di Sir. Due giorni fa la demenza senile, diagnosticata nel 2020 – peraltro stessa malattia di cui era affetto anche il compianto fratello Jack – se l’è portato via, ma per il calcio e per lo sport in toto rimarrà una figura indelebile.

Sandro Caramazza
Fonte foto: Fatto Quotidiano; CNN; Transfermarkt