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Nando De Napoli: “Il mio Napoli era fortissimo e con Diego, Careca e Alemao potevamo vincere ancora di più. Peccato per l’Europeo dell’Italia”

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Un uomo maturo e saggio che consiglia ai giovani di non lasciare la scuola senza essersi prima affermati nel mondo del calcio. Inseguire le proprie passioni ed i propri miti, ma con criterio ed intelligenza

“Rambo”, così era soprannominato, perché metteva in campo tutto il suo spirito combattivo che lo ha portato ad essere assoluto protagonista dei successi del grande Napoli dal 1986 al 1992. Ha vinto tanto anche con il Milan, pur non giocando molto a causa di un brutto infortunio che ha pregiudicato il finale della sua carriera. Ha preso parte ai mondiali del 1986 e quelli del 1990, quelli della famosa canzone “Notti Magiche” (titolo originale “Un’estate italiana“) di Gianna Nannini ed Edorardo Bennato e che ancora oggi riecheggia nelle grandi occasioni in cui scende in campo la nostra nazionale. Ha preso parte anche ad Euro ’88.

In relazione all’Europeo in corso, cosa pensa non abbia funzionato nel gruppo azzurro?

Se ne sono dette già tante, è stata una grande delusione! Penso che il più deluso di tutti sia proprio Spalletti, perché non immaginava un’Italia così, con i ragazzi in condizioni fisiche tanto precarie, si arrivava sempre dopo sulla palla. Lui poi è abituato a squadre non solo veloci, ma che corrono anche sino al novantesimo minuto! L’Italia è stata deludente proprio sul piano fisico.

Come ripartire dopo una debacle cosi fragorosa? Quale potrebbe essere la ricetta giusta?

Credo che Luciano meriti un’altra occasione. Ha effettivamente avuto poche partite per poter dimostrare qualcosa e poi l’ambiente della nazionale deve essere capito. Un calciatore, sin da bambino, ha come sogno quello di arrivare in nazionale, così è stato per me e sono orgoglioso di esserci riuscito. Questo vuol dire che bisogna sapere e capire cosa significhi giocare per la nazionale. Inoltre nei settori giovanili si deve rischiare un po’ di più, così che si portino i ragazzi a giocare sin da giovani, così come avviene in altri paesi.

Quale nazionale ha un briciolo di possibilità in più di vincere questo Europeo?

Delle formazioni giunte ai quarti direi la Francia, anche se non sta segnando molto e qualche attaccante non è al pieno della forma. Inoltre c’è uno scontro diretto tra due potenziali vincitrici, come Germania e Spagna e quindi una di loro uscirà. Un avversario in meno sul possibile cammino della Francia, soprattutto la Germania che per quello che ricordo, avendola incontrata, è sempre un avversario ostico che non molla mai.

Fernando De Napoli e Diego Armando Maradona

Nel 1986 lei approda al Napoli dove c’era già Diego Armando Maradona. Possiamo però dire, senza possibilità di smentita, che è con il suo arrivo al Napoli che comincia la pioggia di titoli di quegli anni.

Io ho avuto la fortuna di vincere tutti e due gli scudetti (1986-87 e 1989-90 ndr). Avevamo una squadra davvero molto forte e probabilmente dovevamo vincere di più, nonostante le tante e forti rivali in ambito nazionale. Quando poi arrivarono Careca e Alemao, forse potevamo fare meglio soprattutto nell’allora Coppa dei Campioni.

Come si era creato quel grande gruppo intorno a Maradona? Chi ha avuto i maggiori meriti?

Il primo anno di Maradona al Napoli non fu entusiasmante sotto il profilo dei risultati. Infatti prima della crescita reale della squadra, è cresciuto il gruppo dirigenziale, con Italo Allodi, Pierpaolo Marino e successivamente Luciano Moggi. Soprattutto le intuizioni di Marino hanno permesso di costruire intorno a Diego una squadra dimostratasi poi fortissima, con i vari Giordano, Romano, Ferrara ed io, poi Careca, Alemao.

Diego Armando Maradona – la sua presentazione al pubblico napoletano il 5 luglio 1984

Oggi ricorre il 40esimo anniversario dell’arrivo di Maradona a Napoli, era il 5 luglio 1984, sappiamo bene che su di lui è stato detto tutto ed il contrario di tutto, ma se dovesse dare lei un parere sull’uomo Maradona?

Ho avuto la grande fortuna di giocare 5 anni con lui, vedere Diego in allenamento poi era qualcosa di straordinario. Come uomo ne parlano tutti bene, chiunque ha conosciuto Maradona: gli allenatori, i calciatori, dall’Argentina, a Napoli, a Barcellona perché era una persona buona. Uno dei suoi pregi era la sincerità, quello che pensava te lo diceva e mai parlava dietro le persone. E’ sempre stato così, un vero uomo! Mi è molto dispiaciuto non essere potuto andare al funerale, perché a causa del Covid ce lo hanno impedito. Ci manca molto, mi manca molto, sono quelle persone che ti restano dentro. Ho avuto la fortuna di conoscere anche i suoi genitori, delle persone semplici, genuine, così come era Diego appunto. Certo ha commesso degli errori nella sua vita, così come ognuno di noi ne commette nella propria, ma un grande dispiacere è che è morto solo e non se lo meritava perché aveva un gran cuore. Maradona però sarà ricordato per sempre, soprattutto a Napoli dove tanti cuori battono e batteranno sempre per lui.

Nel ’92 lei passò dal Napoli alla rivale di quegli anni, il Milan, anche se purtroppo giocò poco a causa di un brutto infortunio (solo 17 presenze). Quali differenze ha vissuto nel vincere in un club blasonato rispetto ad una piazza non propriamente abituata come quella napoletana?

Vincere a Napoli è stata una vera e propria esplosione, da pelle d’oca, qualcosa che non si può spiegare a parole. Il passaggio al Milan, purtroppo è risultato negativo per me, dato che mi sono subito infortunato al ginocchio. Praticamente la stessa tipologia di infortunio di Marco van Basten, tranne che per lui il problema era alla caviglia. Una questione di cartilagine che quando si consuma è difficile recuperare e purtroppo così è stato, anche se ho provato ad andare avanti sino alla resa definitiva quando ero a Reggio Emilia (1997). Al Milan sono stato accolto benissimo e dopo l’infortunio, sia la società che i calciatori, si sono sempre comportati bene e mi sono stati vicini e di questo devo e voglio ringraziarli. Ho avuto una splendida esperienza anche se non ho giocato molto. Consideri che ancora oggi ci sentiamo e questo fa molto piacere.

Nel 2021 entra come dirigente nel settore giovanile dell’Avellino.

Sì, ma ho scoperto ben presto che era un percorso diverso da ciò che mi aspettavo ed ho lasciato pur rimanendo in ottimi rapporti con il Presidente. Adesso mi godo il meritato riposo.

Un messaggio per i suoi tifosi?

Sono nato in Irpinia, un paesino in provincia di Avellino e non c’era nemmeno un campo di calcio, si giocava in mezzo alla strada e ai giovani che vogliono fare calcio dico che come prima cosa devono divertirsi e di non lasciare la scuola se non dopo che ci si è davvero affermati.

Fonti foto: sport.sky.it; giocopulito.it; wired.it

Luigi A. Cerbara

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