Abbiamo chiacchierato amabilmente con l’ex difensore laziale, oggi tecnico della formazione Under 16 del Frosinone. Con i biancocelesti, di cui è stato anche capitano, ha vinto uno scudetto, tre Coppe Italia, due Super Coppe Italiane, una Coppa delle Coppe ed una Super Coppa Uefa. Con le sue 376 presenze in dodici stagioni è quarto nella graduatoria dopo Radu (408), Favalli (401) e Wilson (394). Vanta il maggior numero di presenze nelle competizioni internazionali, ben 64. Ecco cosa ci ha raccontato in vista della stracittadina del 15 maggio
Sabato c’è il derby. Teme la Roma visto che i giallorossi vorranno vendicare il 3-0 dell’andata?
La stracittadina è sempre una partita a sé, soprattutto quando sei favorito sulla carta e l’avversario passa un momento non facile. Non va abbassata la guardia.
La Lazio deve cercare di migliorare in difesa. I suoi consigli in merito?
Le dico subito che come allenatore non mi discosto mai dalla difesa a 4. Basta questo per capire come la penso.
Il derby più emozionante della sua carriera?
Quello del 6 marzo ’94. Finì 1-0 con gol di Beppe Signori (ndr, la fucilata sotto la traversa nonostante i fumogeni che rendevano difficile la visibilità fu il primo in un derby da parte del folletto biondo. A nulla valse il rigore procurato da un giovanissimo Totti perché Giannini che andò sul dischetto se lo fece parare da Marchegiani. La Lazio non vinceva contro i rivali giallorossi da ben 5 anni). Poi i quattro vittoriosi di fila della stagione ’97-’98 hanno tutti un sapore speciale (ndr, si riferisce al 2 novembre ’97, un Roma-Lazio finito 1-3 in campionato, poi Lazio-Roma, 4-1, del 6 gennaio ‘98 e Roma-Lazio, 1-2, del 21 gennaio ’98, entrambe di Coppa Italia; infine sempre in campionato Lazio-Roma, 2-0, dell’8 marzo ‘98).
Cosa le piace dei tifosi laziali?
Essere rimasto sempre nei loro cuori. I continui ringraziamenti sono il miglior attestato d’affetto.
C’è un giornalista che secondo lei ha raccontato meglio i suoi anni biancocelesti?
Franco Capodaglio che è anche un amico. Si taglierebbe le mani pur di difendermi sempre.
Il suo idolo calcistico di quando era bambino?
Sono originario di Arzignano, in provincia di Vicenza. Da piccolo ero juventino. Il mio idolo era Michel Platini. Poi mi innamorai della maglia degli anni ’80 della Lazio, quella con l’aquila davanti. Bei tempi quelli di Michael Laudrup…
Con quale allenatore si è trovato meglio?
Per fortuna ho avuto ottimi rapporti con tutti. Dino Zoff è stato sia il mio Presidente che mister alla Lazio. In seguito l’ho ritrovato in Nazionale. Con Zdenek Zeman fu un vero divertimento.
Si aspettava che il suo ex compagno Inzaghi intraprendesse una carriera da allenatore così importante? Il pregio principale di Simone?
Non pensavo riuscisse ad arrivare così in alto, facendo tanto bene. Il suo pregio è quello di essere un uomo spogliatoio e di avere un buon rapporto con i calciatori. Sa leggere i loro umori, impostando di conseguenza il gioco.
Un altro ex compagno è ora ct della Nazionale. Il segreto di Roberto Mancini? Tra un mese esatto comincia l’avventura azzurra ad Euro 2020. Faremo bene?
E’ uno dei pochi che può allenare l’Italia in questo momento, dando nuova linfa vitale. Capisce di calcio e fa giocare i giovani. Faremo sicuramente qualcosa di interessante. Dopo il black out durato anni si torna finalmente a sognare. Un altro leader nato che infatti ha fatto molto bene su quella panchina prestigiosa è stato Antonio Conte.
Il suo ricordo più bello in azzurro?
I ricordi più belli sono legati ai due gol realizzati con l’Under 21, il primo nell’amichevole contro la Danimarca (dai 35 metri) e l’altro contro la Cecoslovacchia di testa. Eravamo a Salerno. Emozioni uniche davvero.
Fonti foto: padovasport, lazialionair, tuttocampo.it e pickclick
Erika Eramo