Poliedrico e ossuto professionista, non ha mai avuto peli sulla lingua dimostrando quella chiarezza e schiettezza di chi credeva nel giusto e combatteva per questi valori
Il 13 maggio ricorre la scomparsa di una personalità spigolosa e che è riuscita a dare del filo da torcere, innanzitutto ai colleghi: Oliviero Beha. E diciamolo, se sono i tuoi ‘pari’ a temerti più di tutti, vuol dire che la strada intrapresa si fonde su delle competenze che vanno ben al di là della componente casuale.
Beha, che è stato versatile in diverse discipline, nasce però, come giornalista sportivo ed inizia la sua carriera nel 1973 presso i quotidiani Tuttosport e Paese Sera. Era un grande tifoso viola. La sua eccezionale dote multiforme di comunicatore si intravede subito presso i quotidiani su citati, era al contempo un mezzofondista nell’atletica leggera e corrispondente a Milano per un’emittente televisiva. Insomma a conferma di ciò le due sue lauree, Lettere, e Filosofia conseguita in Spagna, ergono e disegnano in calce lo spessore della persona. L’affetto di parenti e amici dimostrato dopo la sua scomparsa e le belle parole che tutti hanno speso, sono la cartina tornasole dell’anima e la benevolenza che Oliviero Beha aveva verso i suoi cari e che dimostrava con immensa dolcezza.
Basti pensare che l’ultimo libro lo dedicò al nipotino adorato e il cui titolo, anche qui, dà l’idea di che valori potesse avere l’uomo, prima che il professionista: “Mio nipote nella giungla”. Ecco il titolo è un manifesto crudo che vuole il nonno già esperto di una vita contorta ma meravigliosa, se la si sa afferrare nel verso giusto, che guardando ben oltre la lontana distesa di nubi che le incertezze pongono davanti ai giovani pronti ad affermarsi, tende una mano al nipote avvertendolo che la giungla che avrà di fronte sarà territorio di dipartite e di vittorie e tutto dipenderà da lui. Tant’è vero che la parte più importante, e che quindi fa emergere l’onesta apolitica ed affettiva di Beha, arriva poi con il sottotitolo, “Tutto ciò che lo attende (nel caso fosse onesto)”. Decisamente importante è sottolineare come queste parole indichino al contempo bontà d’animo ma nessuno sconto qualora la condotta non fosse serie e corretta. Compresa quella del suo affetto più caro, il nipote Michele.
Nel segno della passione e tenacia di Beha è stata l’inchiesta tanto conclamata e discussa del famoso Mondiale del ’82, con la partita tra Italia e Camerun al centro dell’indagine. Egli insieme al giornalista Roberto Chiodi, aizzò un polverone che a lungo fu al centro dei dibattici radiofonico-televisivi. La partita in questione, terminata per 1-1 con goal di Francesco Graziani e Grégoire M’Bida, si pensava fosse stata combinata tramite un accordo dei giocatori di entrambe le squadre.
Beha è stato anche autore teatrale, saggista e poeta. “All’ultimo stadio” prese il riconoscimento Selezione Bancarella, “Anni di cuoio” il premio Chianciano, “Meteko” il Laudomia Bonanni. Ma questi sono soltanto una parte dei riconoscimenti del quale l’autore fu insignito.
In definitiva una voce libera ma educata, controcorrente senza la remora del sé e del ma. Ha anteposto sempre il rispetto delle regole e le norme del comportamento etico, civile e corretto. Voluto bene da tutti coloro che ne condividevano gli stessi sentimenti con garbo ma consapevoli che di fronte all’errore, se irreparabile avrebbero sicuramente avuto da parte sua una reazione di protesta. Infine un uomo, che ha saputo circondarsi e creare una famiglia che amava e che, immediatamente dopo alla sua scomparsa, ha tenuto a precisare di come lui, Oliviero Beha, sia stato abbracciato all’unisono e voluto bene da tutti.
Passione del Calcio ha avuto il piacere di intervistarlo nel corso della sua carriera gloriosa.
Foto: La Platea
Cesare D’Agostino
Grazie….
Grazie a Lei, è stato un piacere poter, nel nostro piccolo, raccontare lo spessore umano e non solo di suo padre.