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Da calciatore ad allenatore: la vita di Vincenzo Montella

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Passione del Calcio vi racconta la storia di Vincenzo Montella; da quasi falegname ad allenatore di Serie A (non dimenticando uno scudetto con la Roma)

Vincenzo Montella nasce a Pomigliano D’Arco il 18 giungo del 1974 e cresce a Castel Di Cisterna, un comune vicino Napoli, dove muove i primi passi calcistici.

Da qualche informazione riguardo le sue origini calcistiche si scopre che comincia in porta, ma complice una rete segnata da Vincenzo, l’allenatore capisce che le doti tecniche del ragazzo meritano ben altri spazi. Con la squadra del paese, passato a ricoprire il ruolo di attaccante, segna e vince tre campionati di seguito prima di essere notato dall’Empoli, squadra che lo preleverà e lo terrà con sé per cinque stagioni. Nell’ultima di queste si mette in mostra con 17 gol e riesce a farsi notare dal Genoa, allora militante nella serie cadetta. Era la stagione 95/96, e quello sarebbe stato l’inizio della carriera che conta e che lo avrebbe portato di lì a pochi anni a vincere lo scudetto.

Ma la strada è ancora lunga e il Genoa serve a Montella come vetrina; con 21 gol in 34 partite, lascia difatti la squadra rossoblù a fine stagione ma non si allontana di molto: passa alla Sampdoria e quindi in Serie A dove rimarrà per tre stagioni segnando e facendo bella mostra di sé.

Era l’anno 1999 ed era arrivato il momento per il talento napoletano di tentare il grande salto in un club di peso. La Roma di Capello si fece avanti e l’affare andò in porto.

Vincenzo Montella approda all’ombra del Colosseo in un clima di fermento, con un tecnico ambizioso e una società disposta ad investire. Il solo acquisto dalla Samp dell’attaccante costò alla Roma 50 miliardi delle vecchie lire. I rapporti con il tecnico non sono però dei migliori e questo amore/odio durerà praticamente per tutta la durata del “matrimonio” che li vede legati alla società giallorossa. Vincenzo gioca la prima stagione e segna 18 reti, ma l’anno seguente il posto da titolare e il numero 9 destinati al neo acquisto Gabriel Batistuta incrinano il rapporto con l’allenatore.  Nonostante tutto il campionato 2000/2001 lo vede protagonista nonostante non parta titolare praticamente quasi mai, almeno per il girone di andata, e alla fine segna 13 reti, alcune delle quali molto importanti, contribuendo a portare nella bacheca giallorossa un titolo – lo scudetto –  che mancava da circa 20 anni.

Resta a Roma ancora fino a al gennaio 2007 attraversando un periodo molto particolare per la società che inevitabilmente compromette anche il rendimento della squadra in generale. Nonostante questo colleziona ancora una Supercoppa Italiana e una Coppa Italia  e nella stagione 04/05 mette a segno 24 reti che gli valgono un rinnovo faraonico e un contratto di cinque anni. L’idillio però finisce presto e dopo una stagione con pochi alti e molti bassi decide, di concerto con la dirigenza, di lasciare la capitale per tentare in prestito l’avventura inglese. Approda al Fulham dove resta fino alla conclusione della stagione 2007 e dove mette a segno 6 reti in 12 incontri tra campionato e coppa. Ma quello non è il suo mondo. A fine stagione decide di fare ritorno nel campionato italiano e veste per la seconda volta in carriera la maglia della Sampdoria con la quale segna 5 gol in 18 presenze totali. A fine stagione saluterà per la seconda volta la squadra blucerchiata e prenderà ancora una volta da lì la via per Roma nella quale disputerà la sua ultima stagione da calciatore mettendo assieme 15 presenze con 0 gol. A 34 anni, il 2 luglio 2009, decide che la sua carriera da calciatore può finire così e annuncia il ritiro. A Roma, sua seconda città, Montella lascerà un ricordo indelebile per due motivi in particolare: lo scudetto, naturalmente, ma soprattutto per l’indimenticabile (per la Roma sponda giallorossa ma anche per quella laziale in un certo senso) derby vinto 5 a 1 dalla Roma in cui Vincenzo segnò 4 delle 5 reti. Durante la sua carriera colleziona anche alcune presenza con la Nazionale maggiore (20 in tutto segnando 3 gol) e prende parte alla spedizione dell’Europeo 2000 in cui l’Italia, guidata allora da Dino Zoff, perderà la finale ai supplementari contro la Francia.

Contestualmente al suo ritiro la società capitolina gli offre la guida dei giovanissimi e il neo-tecnico accetta di buon grado questa nuova avventura partendo dal gradino più basso. Ma propri la stessa società gli presenterà, nella stagione 10/11, la possibilità di fare il grande salto chiamandolo a sostituire Claudio Ranieri, allora tecnico della Roma , dimissionario il 21 febbraio 2011. Neanche a dirlo, Vincenzo accetta e in poco meno di metà stagione porta la Roma al sesto posto in campionato e in semifinale di Coppa Italia, mostrando carattere in panchina e idee chiare in campo. Purtroppo a fine stagione la Roma gli preferisce Luis Enrique ma per il tecnico napoletano l’avventura in panchina è appena cominciata. Da Catania arriva a giugno 2011 la chiamata e dopo poco Vincenzo vola al caldo sole della Sicilia dove resterà per una stagione stabilendo un record di punti per la squadra isolana (48) e lasciando dietro di sé un ottimo ricordo tra i tifosi. L’offerta però che gli piove addosso esattamente un anno dopo è troppo allettante per non stuzzicare le ambizioni del tecnico e dopo aver trovato l’accordo per la rescissione del contratto con il Catania, lascia il mare per andare tra le colline toscane e sedere sulla panchina della Fiorentina dei Della Valle. Le due stagioni 12/13 e 13/14 hanno visto la squadra viola terminare entrambe le volte al 4° posto,  giocando un calcio dinamico e spettacolare, avvalorando le doti del Montella allenatore messe in mostra fino a quel momento e confermando le stesse anche in un ambiente evidentemente più complesso rispetto alla piazza siciliana. In particolare nella stagione 12/13 la Fiorentina ha mancato l’obiettivo Champions per un soffio perdendolo a favore del Milan nell’ultima giornata di campionato.

La carriera di Vincenzo è appena cominciata e data la giovane età del tecnico tutto fa supporre possa soltanto che migliorare. E pensare che in un intervista di qualche tempo fa il padre falegname disse: “Niente, non c’è stato modo di trasmettere la vocazione a Vincenzo. Volevo crescesse falegname, e lui stava sempre col pallone tra i piedi. Una volta gli ho messo in mano gli attrezzi e lui promise: “mo’ e mai più”. A Empoli lo chiamarono a dodici anni: mi opposi, come tutta la famiglia. Troppo piccolo per andarsene di casa” .

Giovanna Scatena

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