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Andrea Di Caro: “Per battere il Manchester United la Roma dovrà essere umile, compatta e generosa. Ben venga Sarri perchè…”

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Abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda al Vice Direttore de “La Gazzetta dello Sport” e responsabile della “Gazzetta.it”, spesso ospite nella trasmissione “Tiki Taka” di Mediaset. Ci siamo soffermati sugli impegni del club capitolino in Europa League, spaziando poi su qualche ricordo personale e professionale dell’illustre collega

Stasera con quali armi La Roma dovrà affrontare il Manchester United nell’andata della semifinale di Europa League?

Con le stesse armi utilizzate contro l’Ajax, ovvero l’umiltà, la compattezza, il sacrificio, la generosità ed un pizzico di fortuna che non guasta mai. Serve anche reimpostare il gioco facendo leva sui giocatori fondamentali, cosa che non è avvenuta nel girone di ritorno in campionato. Mi riferisco in particolare a Mkhitaryan nella fase offensiva, a Dzeko in quella conclusiva e a Pellegrini, pedina essenziale nello scacchiere giallorosso. Non dimentichiamo poi l’importanza degli esterni di difesa e una buona solidità nella mediana.

Sta uscendo prepotentemente il nome di Sarri per la Roma. Quanto c’è di vero? Le piacerebbe il cambio in panchina?

Le voci sono molto concrete perché ci sono frequenti contatti col procuratore del tecnico. Fonseca ha, in questi due anni, mostrato dei pregi ma anche vari limiti. C’è bisogno di un salto di qualità, indipendentemente dal risultato di stasera. Maurizio Sarri è un’ ottima scelta in quanto ha un gioco offensivo in chiave garibaldina, che ben si sposa con la tifoseria giallorossa. E’ un matrimonio che può funzionare perché trova una piazza simile a quella napoletana: calorosa, senza eccessive pretese o pressioni date dall’assillo di vincere ad ogni costo. L’obiettivo è far tornare la Roma competitiva, portarla in zona Champions sviluppando quel gioco brillante che ha contraddistinto i suoi anni nel club partenopeo.

Le è piaciuta la scelta di Daniele De Rossi di entrare nello staff tecnico del ct Mancini?

Sì, sta svolgendo il corso di Coverciano per prendere il patentino. A settembre seguirà un altro corso, l’UEFA PRO. In questo momento non potrebbe allenare. In questa maniera ha invece la possibilità di poter sedere durante l’Europeo vicino a un grande tecnico, accumulare esperienza, che gli servirà in futuro quando lo vedremo alla guida di una squadra di serie A.

Tra la Juve ed il Milan chi rischia di più di restare fuori dalla zona Champions?

Il Milan.

Chi l’ha fatta innamorare del calcio quando era un bambino?

Paulo Roberto Falcao, detto “il Divino”, che cambiò da solo il volto di un club grazie al suo essere un uomo squadra, dalla personalità e mentalità vincente. Aveva una classe sopraffina ma anche una grande praticità, che gli permise di riportare a Roma, con l’aiuto di Liedholm e compagni, uno scudetto che mancava da ben 41 anni.

Chi invece l’ha fatta divertire da adulto?

Roberto Baggio e Francesco Totti sono stati tra i pochi per cui valeva la pena pagare un biglietto allo stadio. Oggi più che i calciatori mi divertono le squadre che hanno una propensione offensiva, come quelle allenate da Pep Guardiola. Ben vengano anche allenatori meno noti ma che abbiano un modo di impostare il gioco aperto e divertente, non speculativo.

Lei è il responsabile di tutta l’area digitale della Gazzetta. Come la definirebbe?

Il digitale della Gazzetta è un’astronave, non paragonabile ad altre realtà più piccole.

Cosa consiglierebbe ai giovani che vogliono intraprendere la carriera giornalistica?

Di essere scrupolosi, precisi, appassionati nella ricerca delle notizie. E’ importante verificare le fonti perché la velocità non deve mai andare a discapito della credibilità e veridicità. Bisogna sempre rispettare il vissuto delle persone di cui parliamo. Mai partecipare al gioco delle fake news o dei titoli acchiappa click. Tra le regole del mestiere annovero anche prontezza e multimedialità (insieme alla parte testuale ci sono i video, audio, podcast) per rendere la comunicazione moderna ed appetibile.

L’iniziativa più bella a livello professionale che l’ha vista protagonista?

Sono tante, perchè ho voluto sempre alzare l’asticella, non accontentandomi mai. Per questo mi sono tuffato nei quotidiani, settimanali, mensili, tv, radio anche spostandomi tra Perugia, Roma, Torino (Capo Redattore Centrale di Tutto Sport), Firenze (Capo Redattore de Il Corriere Fiorentino), Milano (al Messaggero come responsabile del digitale e poi alla Gazzetta dello Sport). In 20 anni non posso scegliere qualcosa, a dispetto del resto. Ho messo tutto me stesso in qualsiasi cosa abbia fatto e di questo sono orgoglioso. Oggi posso esprimermi in RCS, la realtà editoriale più importante che edita il Corriere della sera e la Gazzetta dello Sport. Un mio ex direttore del Corriere Fiorentino Paolo Ermini mi diceva che facevo parte della schiera dei “generosi inappagabili”. Non sono mai del tutto soddisfatto, perchè credo si possa sempre migliorare. Quando mi guardo allo specchio a fine giornata so, quasi sempre, che non avrei potuto fare di più. Questa è la più grande soddisfazione che mi porto dentro da quando ho iniziato.

Ha avuto il piacere di lavorare fianco a fianco con Oliviero Beha, collega stimato che ci ha lasciato da qualche anno. Avete scritto due libri insieme: “Indagine sul calcio” e “Il calcio alla sbarra”. Che insegnamento conserva e cosa ci vuole raccontare di lui?

Olivero Beha è stato un giornalista a tutto tondo, che ha spaziato in vari settori (dalla cultura, allo sport, passando per la politica ed il sociale), mettendosi in luce in particolare nel giornalismo d’inchiesta. Il suo coraggio e anticonformismo derivavano anche dalle sue radici toscane. Era sempre pronto alla polemica e battaglia verbale, condita col suo piglio arguto ed ironico. Scrivere quei libri con lui è stato un grande privilegio. Ero giovane, poco più che trentenne. Essere scelto da una persona di tale spessore fu come aver ricevuto una medaglia sul petto. Nacque un’amicizia ed un rapporto paterno da parte sua nei miei riguardi. Conservo un suo insegnamento in particolare: mi spronava sempre, in un mondo votato alla quantità, ad inseguire la qualità della scrittura ed indagine. Cerco di non dimenticarlo mai.

Fonti foto: inter-news.it, corrieredellosport e ibs

Erika Eramo

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