Intervista a Raffaele Sergio, tra passato e presente e tra soddisfazioni e rammarichi
Terzino sinistro vecchia scuola, Raffaele Sergio di certo non le mandava a dire in campo. Ha avuto la fortuna di iniziare e concludere la sua carriera da calciatore nella Cavese (dal 1984 al 2001), squadra della sua città, con in mezzo tante belle esperienze, Benevento, Lazio e Torino su tutte. Da allenatore non è riuscito ad ottenere altrettanta fortuna, ma pur volando un po’ più basso è riuscito comunque a farsi valere. Rimane la delusione per il mancato esordio in Nazionale, ma nel suo ruolo ai tempi c’era un certo Paolo Maldini, non uno qualunque…
La sua avventura da calciatore si è aperta nella sua città ed è terminata sempre lì. Si sente un privilegiato in tal senso?
Sì mi sento fortunato, ho fatto quello che a me più piaceva, era il mio sogno come un po’ quello di tutti i bambini e realizzarlo è stato qualcosa di molto positivo. Quando vedi tanti ragazzi che non ce la fanno è normale che pensi di essere un privilegiato.
Con la Lazio ha esordito in Serie A per poi rimanere ben tre anni all’ombra del Colosseo. Quale è il suo ricordo più bello in maglia biancoceleste?
Sicuramente l’esordio al Flaminio davanti a 30000 spettatori. Aver fatto bene e aver conquistato i tifosi in 20 minuti è stato qualcosa di spettacolare e sicuramente mi ha dato grande energia e grande fiducia per il futuro.
Come ha vissuto il doppio confronto di Coppa Italia della squadra di Simone Inzaghi contro la Roma?
Ero convinto che la Lazio fosse in difficoltà, perché soprattutto nella partita di andata la compagine biancoceleste era decimata dagli infortuni e invece ha dimostrato grande solidità, grande personalità e non me lo aspettavo perché pensavo che attualmente fosse inferiore alla Roma. Ha avuto sicurezza e determinazione nel raggiungere la finale a tutti i costi.
La sua storia con la nazionale è decisamente particolare, una sola convocazione senza però esordire. Ci rimase male? Come mai non ha trovato più spazio in azzurro?
Secondo me perché avevo davanti dei fenomeni come Maldini e De Agostini che erano pezzi grossi. Se non ci fosse stato soprattutto Maldini che era un “mostro” forse qualche presenza in più potevo anche farla. Avere davanti due elementi del genere sicuramente mi ha penalizzato tantissimo.
A Torino ha conquistato la Coppa Italia, unico trofeo della sua carriera da calciatore. Come ricorda quel trionfo?
Eccellente, perché eravamo una squadra che ad inizio stagione aveva perso Lentini e altra gente importante, ma pian pianino abbiamo fatto questa cavalcata. Vincere in piazze poco abituate è sicuramente più eccitante rispetto che a trionfare in società importanti, dove i successi rappresentano la normalità.
Passando al suo percorso di allenatore, pensava di poter fare di più o è soddisfatto di quel che ha fatto?
No non sono soddisfatto, anche perché nella mia carriera di allenatore ho ottenuto comunque due promozioni, ho vinto lo scudetto di Serie D con l’Aversa Normanna e quindi mi aspettavo di più. Secondo il mio punto di vista l’allenatore deve essere giudicato in base al gioco e ai risultati, mentre tanti vanno avanti dimostrando esattamente il contrario, perché ci sono persone che allenano e fanno delle strade strane e alla fine numericamente non portano avanti niente. Non sono affatto contento e in generale non mi piace l’andamento del sistema calcio in questo momento.
Per quanto riguarda l’attualità, quante possibilità ha secondo lei la Lazio di battere la Juventus in finale di Coppa Italia?
In una partita secca è tutto aperto. La Juventus sicuramente ha un leggero vantaggio, ma ripeto in una gara unica tutto può succedere.
Scendendo di categoria, il Benevento squadra a lei cara sta andando oltre ogni rosea aspettativa. La Serie A è davvero possibile o è solo una chimera?
Penso che tutto sia possibile, non dimentichiamoci che il Benevento è un’ottima squadra, ben attrezzata, con una proprietà a mio parere molto forte. Certo i play off si giocano molto sul momento, ma i giallorossi hanno le potenzialità e la forza tecnica per potercela fare.
Stasera c’è Juventus-Barcellona, che partita si aspetta e cosa devono fare i bianconeri per avere ragione dei blaugrana?
Credo che la Juventus abbia limato il gap con le grandi d’Europa e il Barcellona non è più quello di due-tre anni fa. Più che guardare alla sfida di stasera, bisogna ragionare sul doppio confronto, già non prendere goal a mio avviso è un aspetto molto significativo.
Antonio Pilato
Ringrazio Raffaele Sergio per la disponibilità mostrata nel prestarsi a questa intervista.
Immagine presa da www.raffaelesergioacademy.com