Unità di intenti tra il potere politico e quello del calcio, con un provvedimento firmato al Viminale che verte a prevenire e combattere l’odio razziale e la diffusione di simbologie e terminologie su tale tema
Si vuole porre fine agli insensibili modi di “scherzare” su qualcosa che ha portato tanto orrore e morte durante la seconda guerra mondiale, colpendo con immane crudeltà, in particolare, la comunità ebraica. Fare i simpatici su certi temi non sarà più ammesso, né giustificato. D’altro canto questa non è una novità e lo sa bene quel ‘tifoso’ laziale che, durante il derby Lazio-Roma del marzo scorso, indossava una maglia con il numero 88 ed il nome “Hitlerson“. Il suddetto sostenitore, oltretutto tedesco e tifoso del Lipsia, ha ricevuto un Daspo di 5 anni e non poteva essere altrimenti. Il provvedimento appena stilato e concordato tra il Ministero dell’Interno, il Ministero dello Sport e la Figc, vuole andare oltre e mettere un punto fermo su una situazione, sin qui, lasciata forse un po’ troppo al caso. Il numero 88 viene utilizzato dai gruppi neonazisti per simboleggiare il saluto ad Hitler. Essendo l’H l’ottava lettera dell’alfabeto, l’88 riporterebbe all’HH, quindi Heil Hitler. Insomma la lotta all’antisemitismo non vuole tralasciare alcun dettaglio ed il Ministro dell’Interno Piantedosi spiega che il provvedimento prevede anche: “il divieto dell’uso da parte delle tifoserie di simboli che possano richiamare il nazismo, la responsabilizzazione dei tesserati a tenere un linguaggio non discriminatorio in tutte le manifestazioni pubbliche” e, nello stesso, sono previste anche le modalità che debbano portare allo stop immediato della competizione in essere.

Con l’attuale dichiarazione di intenti, ci si muove su un argomento delicato, ma assolutamente non nuovo. Ci sono state moltissime e durissime polemiche anche in passato, soprattutto da parte della comunità ebraica e spesso in relazione al numero 88. Accadde nel 2000, quindi ben 23 anni fa, quando il portiere del Parma, Gianluigi Buffon indossò tale numero, aveva scelto l’88 perché gli ricordava quattro palle, e venne investito dalle polemiche, dalle quali dovette difendersi e alle quali dovette poi cedere, dismettendo l’88 per passare al 77. Nel 2013 fu la volta di Marco Borriello tra i più noti, all’epoca calciatore della Roma, che indossava l’88, numerò che non cambiò, come pensiero verso una persona a lui cara e da lì in poi non c’è stato il divieto per questo numero di maglia. Nella stagione appena trascorsa ci sono stati 2 calciatori che hanno vestito la maglia numero 88: Pasalic e Basic e lo hanno fatto per tutta la stagione, senza apparentemente alzare polveroni, ricevere critiche al veleno o altro che li costringesse a cambiare il loro numero.

Polemiche a singhiozzo insomma che poco hanno a che vedere con la coerenza, a maggior ragione se l’argomento è considerato importante, a tal punto da “costringere” la politica ad intervenire. Il nostro compito è fare cronaca e riportare gli accadimenti e poi stare a guardare senza la possibilità, ovviamente, di sindacare tali atteggiamenti altalenanti. Porci domande è però nostro dovere e allora ci chiediamo il perché ci siano stagioni, numeri, politiche differenti su uno stesso argomento, su un qualcosa di assodato come la lotta all’antisemitismo, dove oggi si dà importanza ad un numero e domani magari lo si dimentica. Quello che vorremmo di certo dimenticare è ciò che accadde durante la seconda guerra mondiale, ma questo non è possibile e non lo sarà mai, sia che si giochi con l’88 che con un altro numero.
Fonti foto: tristemondo.it; ilpost.it; oasport.it
Luigi A. Cerbara